Stai crescendo, te lo aspettavi?
Come vivi e hai vissuto nel gruppo, in questo periodo di pandemia?
Cosa ti aspetti dal futuro?
Sono alcune delle domande che Paola Scalas, attrice e docente di teatro, e Chiara Speranza, formatrice psicologica, hanno posto e stanno rivolgendo agli studenti delle scuole medie durante i laboratori di Orientamento studenti di #tu6scuola negli istituti del plesso IC Capponi di Milano.
Mai come in questi mesi tutti quanti ci sentiamo senza bussola: proviamo a immaginare cosa questo significhi per preadolescenti e adolescenti, negli anni più complessi della crescita.
Nel corso degli incontri svolti fino ad ora, le formatrici hanno constatato che tutte le ragazze e i ragazzi hanno espresso difficoltà: con le classi prime si lavora sul come orientarsi nel presente, in questo dato contesto; con le seconde sul gruppo e come lo si sta vivendo; con le terze, inevitabilmente, sull’uscita dal ciclo secondario di primo grado, sullo scoglio dell’esame e sulla scelta della futura scuola.
Vediamo in concreto, come sta andando.
Quali cambiamenti significativi state riscontrando nella vita degli adolescenti?
Chiara: Rispetto alla realtà di inizio progetto, questi due anni sono completamente diversi dalle aspettative: la sperimentazione, nel senso classico del termine, è mancata e questo per un adolescente è un fatto fondamentale. La novità non è un problema in sé: è un dato al quale bambini e ragazzi sono abituati, proprio per il loro crescere, ma la sperimentazione è stata la grande assente. Quante volte abbiamo dovuto dire: “Invece di essere in presenza lavoriamo da remoto e adattiamoci”. Bene, ma manca lo sperimentare nel concreto: e questo pesa molto sui giovani.
Paola: Per questo abbiamo cominciato a lavorare sull’oggi: capire, fare il punto su come si sta, accogliere i vissuti e i cambiamenti con strumenti diversi rispetto ai solito.
Ci raccontate come avete lavorato con le classi a distanza o nelle soluzioni miste (in parte a scuola e in parte a distanza)?
Chiara: Abbiamo lavorato in un modo nuovo e certamente inatteso. Io e Paola abbiamo trasformato gli incontri in classe in attivazioni corporee psico-teatrali, per così dire. Sapendo di avere a disposizione meno risorse – per prima cosa non siamo in classe – e meno strumenti, il primo sforzo di adattamento è stato silenziarci.
Siamo partiti dal concetto di orientamento come percorso e viaggio, con le prime classi. E poi, a seconda delle età e dei percorsi, abbiamo affrontato le varie criticità. Anche se siamo fermi per la pandemia, la nostra esperienza di vita è andata avanti. Ogni studente ha riflettuto su questo, sulle sue difficoltà e sulle sue forze, sui momenti difficili e su quelli felici, sulle capacità di reazione.
Paola: Parlare con il corpo è una grande possibilità offerta in questi momenti.
Il teatro facilita, consente il movimento o il suo opposto, quale ad esempio fare le statue. L’obiettivo è spostare sull’esperienza concreta quello che gli adolescenti stanno vivendo, provando a trasmettere qualcosa di sé in 45 minuti di incontro.
Questi momenti sono difficili per tutti come dicevamo: per i giovani nella loro relazione con la scuola e per gli adulti. Cosa è emerso dai vostri incontri?
Chiara : Ognuno è coinvolto nella sua bolla di adattamento: le famiglie sono più affaticate per lo stravolgimento del proprio lavoro o di cura di parenti. Tutto questo lascia pochissimo tempo per gestire l’emotività. Non c’è mai interruzione ma solo adattabilità.
Paola: Gli incontri hanno cercato di attivare il corpo, seppur a distanza, in un momento in cui il corpo è soggetto a restrizioni, necessita di risveglio sensoriale, per poter passare a un risveglio emotivo.
Le relazioni sono più fragili, tra pari e tra i ragazzi e il mondo adulto, che viene accusato alternativamente o di avere troppa paura (e quindi portare a nuove restrizioni) o di averne troppo poca, e così causare – comunque – nuove restrizioni. A volte i ragazzi hanno preferito fare lezione a casa perché più rassicurante, quasi rinunciando o riconoscendo a fatica la necessità dell’incontro.
Cosa avete escogitato, dovendo lavorare in remoto e on l’uso delle telecamere?
Paola: Abbiamo pensato a un percorso che utilizzi in maniera integrata il mezzo teatrale e la pratica psicologica, attraverso incontri in cui io e Chiara, in compresenza, ci siamo alternate in varie attività e osservazioni. Abbiamo lavorato per rafforzare le relazioni tra pari e con il mondo adulto; lo sguardo di Chiara ha permesso di ri-leggere quanto emerso e dare un significato.
Chiara: Abbiamo quindi tentato di inserire elementi tipici del laboratorio per fare vivere l’esperienza: l’apprendimento avviene attraverso il fare, con il coinvolgimento in prima persona dei partecipanti.
In cosa si sono cimentati i ragazzi? non deve essere stato semplice davanti alla telecamera del tuo pc….
Chiara: Vero, ma abbiamo trovato tanta collaborazione e entusiasmo! Ragazzine e ragazzini delle prime sono perfino riusciti a fare gli esercizi di rilassamento.
Abbiamo proposto esercizi di attivazione fisica per facilitare la conoscenza tra noi e creare un clima di lavoro aperto e amichevole, nella reciproca fiducia. Il lavoro poi prosegue attraverso giochi di presentazione reciproca e varie iniziative che cerchiamo di rendere il più interattivo possibile.
Paola: Non dimentichiamoci le improvvisazioni teatrali collettive! Certo, in aula è tutt’altra cosa, ma per ora abbiamo ottenuto buoni risultati e soprattutto benefici per i ragazzi. Le tecniche teatrali, grazie anche all’espressione non verbale, favoriscono la condivisione dei vissuti, ed era quello che noi cercavamo di far emergere. Come rappresentare, se sei adolescente, il tuo vivere e studiare e crescere nel contesto della pandemia? Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione di tutti, in un clima protetto di rispetto e fiducia.