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Adozioni in corso: i dati CIAI e una riflessione sui dati pubblicati dalla CAI

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A distanza di pochi giorni dalla pubblicazione da parte della CAI dei dati sulle adozioni – per la prima volta segmentati per Enti e Paesi- – oggi è CIAI a pubblicare i propri dati per l’anno in corso. Dati che già da tempo sono presentati secondo questa tipologia di segmentazione, adottata su invito della Commissione e che sono mensilmente aggiornati.
La tipologia di presentazione scelta della CAI è un passo rilevante verso la massima condivisione delle informazioni, ci offre l’occasione per andare al di la dei soli numeri e condividere due riflessioni che possono diventare strumenti di orientamento per operatori e famiglie.
Vedere in maniera inequivocabile in che direzione si stanno muovendo i Paesi, gli Enti, le famiglie, ci riporta a una questione di fondo. L’adozione internazionale deve porsi come risposta all’interesse primario del bambino, per questo il quadro dei numeri ci aiuta a comprendere meglio l’importanza della raccomandazione della CAI agli Enti: mantenere sempre una giusta proporzione tra procedure pendenti e adozioni finalizzate. Per stare accanto alle famiglie e accompagnare la loro candidatura laddove questa potrà essere la risposta ad un bambino in attesa e non un orientamento iniziale che si scontri poi con Paesi che hanno chiuso le adozioni o che al momento vivono un momento di sospensione.
Come si legge dai nostri dati, CIAI persegue di anno in anno nella volontà di accogliere solo un numero di mandati per i quali crede realisticamente di poter realizzare l’adozione, senza creare pressione alcuna nei Paesi di origine dei bambini.
L’altra riflessione da fare riguarda un numero che potrebbe creare frustrazione o scoraggiare le famiglie se non interpretato: si parla di 3.000 famiglie in attesa, con meno di 500 adozioni completate (ad oggi) durante il 2019. Un numero che se proiettato porterebbe a circa 1.000 adozioni a fine anno. Quanti anni ancora ci vorrebbero a rispondere alle 3.000 famiglie?
In realtà tra le 3.000 famiglie in attesa, le situazioni sono molto diverse. Alcune sono in attesa da molti anni, mentre altre hanno conferito l’incarico recentemente. I semplici numeri non ci dicono però nulla rispetto alla disponibilità di queste famiglie, sia riguardo all’età che alle condizioni psicofisiche dei bambini. Potrebbe così verificarsi quel paradosso che abbiamo già più volte evidenziato, nonostante il numero di coppie aspiranti all’adozione sia il triplo di quello dei bambini segnalati, molti bambini non riescono a trovare una famiglia perché hanno caratteristiche rispetto alle quali non c’è sufficiente disponibilità da parte delle coppie. Ricordiamo che i dati dell’ultimo dossier statistico pubblicato dalla CAI evidenziava come il 70% dei bambini adottati nel 2018 fosse portatore di bisogni speciali.
Queste due riflessioni conducono a un’affermazione: in un iter umano così delicato ed in un contesto così complesso da interpretare, la relazione col proprio ente deve avere come requisiti di partenza fiducia e trasparenza perché è una relazione che non si conclude con l’abbinamento, ma dura tutta la vita.
 
 
 

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