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Aggiornamento sulla situazione delle colleghe e dei colleghi afghani

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H. con Francesca Silva, direttrice CIAI
Categoria: Progetti

H. è una psicologa e traduttrice che ha a lungo collaborato con CIAI in Afghanistan sui progetti legati al tema dei diritti dei bambini e in particolare delle bambine in conflitto con la legge.

Alla presa di Kabul, l’impegno per i diritti e la collaborazione con un ONG straniera hanno esposto lei e la sua famiglia ad un serio pericolo. Grazie al lavoro di CIAI e di tanti amici alla fine di agosto è stato possibile farla uscire dal Paese e portarla in Italia con suo marito e 2 figli.

Trascorsi i tempi della quarantena, sono ora iniziate le pratiche per la richiesta di protezione internazionale che consentiranno loro di iniziare una nuova vita, cominciando con un corso di italiano e poi con l’iscrizione a scuola e all’Università per i suoi ragazzi, il riconoscimento dei titoli di studio per lei e suo marito e infine l’autonomia con una casa e un lavoro. 

Questo percorso lo stiamo vivendo insieme, in stretto contatto, consapevoli che al di là dei bisogni pratici la vicinanza degli amici sia una risorsa fondamentale per chi come dice H. ha chiuso la porta di casa e lasciato lì dentro tutta la sua vita, tutti gli affetti.

Anche noi in CIAI non smettiamo di pensare a chi è rimasto là, a quello che sta passando. Pensiamo ai colleghi che siamo riusciti a inserire nelle liste del nostro Ministero per l’uscita dal Paese, ma che sono rimasti bloccati alla chiusura dell’aeroporto di Kabul.

Ecco cosa ci dice uno di loro, R.:

Viviamo come reclusi con la paura di uscire per strada e distrutti all’idea che i nostri sforzi per accompagnare il nostro Paese verso una trasformazione si siano sgretolati sotto il fuoco dei kalashnikov talebani. Viviamo in un buio costante, nascosti, con l’unico pensiero di come fare ad andare via da qui.

Noi non smettiamo di chiedere per loro, ogni giorno, l’identificazione di una via sicura per lasciare il Paese.

Li aspettiamo qui in Italia, per uscire finalmente da quel buio.

Per garantirne la massima tutela abbiamo scelto di mantenere il più stretto riserbo sui nomi dei colleghi, le città di provenienza in Afghanistan e i luoghi dove oggi si trovano qui in Italia.

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