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Osservatorio Scuola: Ed-Work e le lezioni della DaD

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Categoria: #tu6scuola

Proseguiamo nella nostra analisi del mondo della scuola e dell’impatto che la pandemia ha avuto sulla didattica e sulle prospettive per il suo futuro. Oggi ospitiamo  il punto di vista di uno dei partner trasversali di #tu6scuola: Ed-Work.

 

La scuola tra creatività e disuguaglianze

Reazioni creative

foto Unsplash

Davanti alla crisi e all’incertezza nella scuola italiana in molti casi, ha prevalso la creatività. Ogni comunità scolastica ha messo in campo tutte le risorse di cui disponeva con un solo obiettivo: mantenere la scuola nella vita dei ragazzi e delle ragazze in un momento così difficile.
Uno sforzo nato da una consapevolezza: la scuola non è soltanto un luogo di apprendimento, ma di crescita e di legami. E mantenere quei legami ha rappresentato un obiettivo così importante dagenerare n uove soluzioni e mettere da parte chiusure e rigidità.

Nuove differenze

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Se da un lato la crisi ha originato risposte resilienti da parte della comunità scolastica, dall’altro ha anche acuito le disuguaglianze esistenti. Mai come in questi mesi il digital divide ha fatto sentire il suo peso nella vita di tutti noi ed in particolare delle ragazze e dei bambini; così come la disuguaglianza economica, la povertà, i deficit linguistici e di apprendimento.
Abbiamo visto i solchi della disuguaglianza ingrandirsi sempre più: le classi si sono divise fra studenti che avevano la possibilità di frequentare la nuova modalità di scuola a distanza e tanti altri, per cui questa possibilità non è stata scontata. Bambini e bambine in famiglie numerose con spazi abitativi ristretti ed un solo device a disposizione. Ragazzi e ragazze che abitano periferie e centri extraurbani impossibilitati a seguire le lezioni online per assenza di connessione. Tante bambini/e e ragazzi/e disabili o con bisogni educativi speciali che nella scuola online non hanno trovato il proprio posto. Tanti e tante appena arrivati in Italia, per cui lo scoglio linguistico, a distanza, ha rappresentato un ostacolo insormontabile.
Non abbiamo ancora le stime dell’abbandono scolastico ma sappiamo bene che troppi di loro in questi mesi sono rimasti indietro. Per ripartire, la scuola non può che farlo da qui.

Ricominciamo da tre

Si ma come? È questa la domanda che soprattutto in questi giorni toglie il sonno a chi sta già programmando nelle scuole le attività di settembre.
Come ripartire? Si tornerà a scuola tutti insieme? In presenza? A distanza? In quali spazi? Con quali modalità?
Giulia Tosoni, co-founder di Ed-Work, che ora lavora come responsabile della scuola CIA Manzoni di Milano per il contrasto all’abbandono scolastico, ai suoi studenti ad inizio anno raccomanda di non intraprendere il rientro a scuola come un partire da zero, cancellando il passato e tutto ciò che li ha portati lì. Suggerisce invece di provare, come diceva Troisi, a “ricominciare da tre”, tenendo a mente le tre cose belle, di un passato spesso burrascoso, da portare in questo nuovo inizio. Ci sembra un buon consiglio anche per il rientro a scuola: troppo spesso davanti a riforme e programmi nella scuola si ha la sensazione di ripartire da zero, e questo vale anche per il post Covid19.
Ma la scuola in questi mesi è cambiata e si è innovata, ha adottato strategie e messo in campo soluzioni.
Proviamo dunque a “ricominciare da tre”, anche in questo caso.

1. Il ruolo della tecnologia

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Il balzo tecnologico compiuto dalla scuola durante il lockdown è stato sensazionale. In preda al desiderio di rimanere vicini, nonostante le distanze, si è sperimentato un gran numero di strumenti, applicazioni, programmi, prima quasi del tutto assenti dal panorama scolastico. Cogliere questo elemento di novità vuol dire organizzarlo e renderlo efficace. Occorre formare insegnanti e operatori non sulle singole funzionalità dei programmi ma su l’infinita gamma di strumenti potenzialmente a disposizione della scuola, che possono essere utilizzati per innovare la didattica e l’organizzazione scolastica.

 
 

2. Nuovi strumenti, linguaggi e metodi

Il secondo punto parte proprio da qui: questa nuova modalità di scuola ha, forse per la prima volta in maniera così massiccia, allargato l’orizzonte della didattica tradizionale, puntando l’attenzione sulla possibilità di fare scuola in modi e con strumenti diversi. Video, immagini, lavori in piccoli gruppi, lezioni meno lunghe e con orari meno pensanti, attività diverse dalla lezione frontale, sono soltanto alcune delle possibilità che questa crisi ha portato a sperimentare.
Anche qui, elaborando quello che è successo in una chiave propositiva, si potrebbe sfruttare questa occasione per rinnovare finalmente il modo di fare scuola, in un’ottica più interattiva, cooperativa ed inclusiva che punti ad ampliare la gamma di strumenti e di fonti attraverso cui è possibile imparare. Non soltanto il libro, la penna e il foglio, ma anche nuovi linguaggi più vicini agli studenti.

3. La scuola come comunità di crescita

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Mai come in questi mesi è stato chiaro il ruolo che la scuola ha nella vita dei ragazzi e delle ragazze. Non si tratta più soltanto di trasmettere le conoscenze necessarie all’apprendimento, ma di accompagnare gli studenti in un percorso di crescita, sviluppando le loro capacità, prima fra tutte quella “ad aspirare”, di cui parla Appadurai, premessa per lo sviluppo di tutte le altre capacità, in quanto necessaria per riconoscere la propria condizione e cambiare la propria vita.
Questo vuol dire non considerare gli studenti soltanto come alunni, ma guardarli come persone, che al suono della campanella devono affrontare ostacoli, paure e sfide del presente e del futuro, spesso in totale solitudine.
Accompagnare questo percorso di crescita vuol dire costruire alleanze: prima di tutto con le famiglie, con cui in questo periodo si è rinnovata una complicità, fatta di azioni quotidiane che avevano l’obiettivo di fissare regole e limiti indispensabili non solo alla fruizione della scuola a distanza, ma anche alla crescita.
È il momento ora di puntare sulla cura di questa comunità, negli anni troppo spesso abbandonata, fatta dalle famiglie ma anche da operatori,
educatori ed educatrici, realtà del terzo settore, centri sportivi, biblioteche. Tutte realtà e persone che hanno ruoli educativi e che la scuola come comunità deve guidare in questo percorso di rete e valorizzazione reciproca.

#TU6SCUOLA e i laboratori SaltaClasse: un esempio di innovazione

Si può puntare sull’innovazione in un momento di crisi e incertezza? Non è meglio “riportare i remi in barca” e  attendere la fine del temporale? Rispondere a questa domanda non è semplice ma è quello che stiamo provando a fare in queste settimane programmando le attività dei laboratori SaltaClasse per il prossimo anno.

Il SaltaClasse nelle classi prime – la produzione del Cinegame

Come nasce il SaltaClasse

I laboratori SaltaClasse sono una delle azioni del più ampio progetto nazionale #tu6scuola. Prendono il nome dall’idea di creare delle classi aperte composte da gruppi misti nell’ottica di favorire l’apprendimento cooperativo e di scompaginare dinamiche di gruppo sistenti. Puntando su elementi come l’interdisciplinarietà, la didattica ludica e interattiva, il lavoro di gruppo collaborativo e l’utilizzo di strumenti multimediali, mirano a stimolare la creatività e l’espressione artistica.
I ragazzi e le ragazze coinvolti nel progetto in questi anni sono diventati scrittori creativi, sceneggiatori, attori, costumisti, sociologi che immaginano gli scenari futuri. Hanno mescolato temi e saperi, hanno imparato facendo e sperimentando.
L’obiettivo è di ri-motivarli alla scuola, all’apprendimento e orientarli verso il futuro, cambiando le modalità più tradizionali e trasmissive
di fare scuola.

Continuare a innovare nel nuovo scenario

Reagire ad una crisi può voler dire cogliere la spinta al cambiamento che questa ha generato e farne tesoro. Ed è proprio quello a cui puntiamo: incanalare positivamente le spinte ad innovare la didattica, accompagnare insegnanti ed operatori in un percorso di formazione e riflessione che porti ad immaginare e creare una scuola più flessibile e preparata ad affrontare cambiamenti e scenari futuri.
Ma innovare il modo di fare scuola vuol dire prima di tutto mettere al centro i ragazzi e le ragazze coi loro vissuti. E per farlo è necessario partire dall’elaborazione di quanto accaduto, del periodo di solitudine e cambio di abitudini che ciascuno ha vissuto.
È fondamentale investire del tempo a scuola per riflettere sul periodo del lockdown, dare uno spazio a ragazze e ragazzi, bambini e bambine per esprimersi sui propri stati d’animo. Se non è la scuola a dargli questa possibilità, molti di loro semplicemente non lo faranno e questo segnerà le loro vite, il loro presente e futuro.

Elaborare il trauma come comunità

La scuola è il luogo dove elaborare insieme, come comunità, il trauma vissuto, facendo capire ai ragazzi e alle ragazze quanto è importante, in situazioni come queste, fermarsi e prendersi del tempo per ascoltarsi e capirsi. Sarebbe stato bello dedicare un ipotetico ultimo giorno di scuola a questo: guardarsi nuovamente negli occhi, riconoscersi, dopo mesi passati davanti ad uno schermo.
A settembre, non perdiamo questa occasione.

Sofia Sabatino e Serena Capodicasa
Ed-Work – Il network dell’educazione

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